Direttore Sanitario: Dott.ssa Antonella Paolucci

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Epicondilite

  1. Di cosa si tratta?

L’epicondilite o gomito del tennista è una patologia dolorosa del gomito causata da degenerazione tendinea e sovraccarico funzionale dei muscoli estensori dell’avambraccio. E’ frequente nei giocatori di tennis e in alcune categorie professionali come pittori, carpentieri, cuochi ecc.  Si tratta di un’infiammazione tendinea dovuta a movimenti ripetitivi associati al sollevamento di pesi che, causando microtraumi ripetuti, sovvertono ed indeboliscono la struttura dei tendini dei muscoli estensori (estensione di polso e dita) con conseguente dolore sulla superficie esterna del gomito. Studi recenti hanno dimostrato che il muscolo principalmente coinvolto è l’estensore radiale breve del carpo, elemento di stabilizzazione del polso a gomito esteso. L’epicondilite colpisce principalmente soggetti giovani, di età compresa tra i 30 ed i 50 anni e, in campo sportivo, chiunque effettui i movimenti indicati senza un’appropriata preparazione tecnica.

  1. Come influenza la mia qualità di vita?

I sintomi dell’epicondilite hanno un’insorgenza insidiosa ed aumentano progressivamente con il passare delle settimane. Il dolore sulla superficie esterna del gomito è la manifestazione principale e, di frequente, si accompagna a diminuzione della forza di presa. Le manifestazioni sono esacerbate da tutti i movimenti che coinvolgono i muscoli estensori dell’avambraccio, quali girare una chiave, stringere la mano, tenere la racchetta ecc. L’arto coinvolto è spesso quello dominante, anche se entrambi possono essere colpiti. Per la diagnosi possono essere effettuati dei test clinici a cui affiancare esami diagnostici, quali risonanza magnetica, ecografia e radiografie.

  1. Quali sono i possibili trattamenti conservativi?

La prima linea di trattamento consiste nell’evitare le attività sportive o lavorative che causano o incrementano il dolore. A tale misura si affianca la somministrazione di farmaci antinfiammatori per via orale e locale e l’utilizzo di un tutore specifico che, mettendo a riposo i muscoli coinvolti, aiuta ad alleviare i sintomi e ridurre l’infiammazione locale. Se tali presidi risultano efficaci, la terapia può essere implementata con un programma riabilitativo orientato allo stretching ed al rafforzamento selettivo dei muscoli dell’avambraccio. Se la sintomatologia persiste, è possibile effettuare infiltrazioni locali con corticosteroidi. Negli ultimi anni, la comunità scientifica ha rivolto la sua attenzione all’utilizzo locale del PRP (plasma ricco in piastrine) che, data la elevata concentrazione di fattori di crescita, favorisce la risoluzione del quadro infiammatorio.

Circa l’80-90{5d7bbbd852f2368457baf8f471d39d55cd6c85bad53171298f82f9ab99eb9024} dei pazienti ottiene una risoluzione della patologia attraverso questi accorgimenti.

  1. E’ necessario l’intervento chirurgico?

Se dopo un periodo di 6 mesi il trattamento conservativo non fornisce dei risultati, può essere valutata l’opzione del trattamento chirurgico. La procedura, effettuabile a cielo aperto o in endoscopia, consiste nella cruentazione locale con l’obiettivo di incrementare la vascolarizzazione e promuovere la risoluzione dello stato infiammatorio. Anche intraoperatoriamente è stata valutata l’efficacia dell’utilizzo del PRP che, applicato direttamente sul tendine, crea una riserva locale di fattori di crescita favorenti la guarigione. La chirurgia ha una percentuale di successo di circa 80-90{5d7bbbd852f2368457baf8f471d39d55cd6c85bad53171298f82f9ab99eb9024} e deve essere seguita da un appropriato protocollo riabilitativo.